giovedì 13 febbraio 2020





Forniture di tonnara

Cordicelle di sparto e di disa, midollari e sale


(fonte: Archivio Storico Museo Etnoantropologico e Naturalistico "Domenico Ryolo", fondo D'Amico-Faranda, carte di tonnara XIX sec)

La cordicella di sparto era impiegata per realizzare le maglie del codardo, il lungo sbarramento ormeggiato con ancore che col rivotu spingeva i tonni sfuggiti alla bocca nuovamente verso la tonnara. Tale cordicella, denominata anche «cordicella di Spagna» o più semplicemente filetto, veniva ritirata a Milazzo dagli amministratori della Tonnara del Tono presso un fornitore trapanese. Il rais Vito Di Filippo, prima, ed i suoi figli, dopo, rifornirono la Tonnara del Tono anno dopo anno. Dal 1830 al 1872 spedirono da Trapani, attraverso la famiglia Spadaro, padroni marittimi al comando di schifazzi (le tradizionali imbarcazioni del Trapanese), non solo cordicella di sparto, ma anche cordicella di disa, midollari (anch’essi in disa) e tutto il sale - nelle due varietà “granito” e “molito” - necessario per la salatura dei diversi componenti del tonno. Il nome di rasi Vito o quello di suo figlio Leonardo, ma anche quello di un Antonio Di Filippo, ricorrono spesso nelle registrazioni delle «spese dei novali» della Tonnara del Tono, ossia delle spese sostenute per il rinnovo delle reti, delle ancore e del resto dell’apparato. E ricorrono spesso anche i nominativi dei padroni marittimi Pasquale, Vincenzo e Pietro Spadaro, che per conto dei Di Filippo trasportavano via mare i “generi di tonnara” da Trapani a Milazzo. In ogni stagione venivano di norma eseguiti due viaggi: nell’agosto 1860, ad esempio, giunsero da Trapani due “rimesse”, per un totale di 120 migliara di cordicella di disa, pagate a 21 tarì il migliaio, 1.200 midollari ad onze 3 il centinaio e 6 migliara di filetto, o cordicella di sparto che dir si voglia, al prezzo di onze 2.24 il migliaio. Con le suddette rimesse giunsero altresì 15 salme di sale molito e 5 salme di sale granito. La salma, ossia l’unità di misura, era quella in uso a Trapani, a differenza invece di quella milazzese, impiegata per pesare il quantitativo di ulteriori 12 salme di sale granito pervenute il 7 settembre 1860, grazie a Leonardo Di Filippo, e trasportate con carretti dal porto sino al Tono.
Il rais Vito Di Filippo sarebbe morto intorno al 1862. Il 16 settembre 1863 il marchese D’Amico annotava nei suoi registri il pagamento di «n.° 300 midollari per mani di Padron Spataro ai Fratelli de Filippo del fu Vito da Trapani». I midollari erano corde di disa spesse «un buon pollice» e lavorate a Termini Imerese ed in Calabria: venivano impiegati, tra l’altro, per legare i sugheri ai summi, ossia alle gomene galleggianti. Così come la cordicella di disa, venivano incettati a Termini Imerese dagli Spadaro, come si evince peraltro da questa interessantissima missiva inviata nel 1854 da rais Vito Di Filippo:

«Trapani, lì 27 giugno 1854.
A Sua Eccellenza Sig. Marchese Tommaso Mariano D’Amico, Milazzo.
Eccellenza,
con Padron Vincenzo Spataro vi saranno consegnati i seguenti generi, cioè cordicella di disa migliara sessanta, cordicella  di sparto fina migliara tre, modellari di disa numero seicento, sale granito salme dieci, sale molito salme sette misura di questa, come osserverà nella qui acchiusa poliza di carrico. Formano in tutto la quantità di migliara 120 cordicella di disa, migliara sei cordicella di sparto, n. 1.200 modellari di disa, meno però della sua commissione datami di migliara 30 cordicella di disa a causa che i Spatari più non la portavano, ma sarà mia premura in appresso farcela capitare. Per la cordicella di sparto ce l’ho rimesso secondo il cambione che ci ho mandato con mio figlio, il quale mi disse che molto gli piacque, perché la detta cordicella in questa marina si fa molto uso a causa d’essere ben travagliata.
Ci acchiudo in fine il corrispondente conto dei sopra detti generi secondo l’anno scorso, facendoci conoscere però che sopra i modellari a gran stento mi sono convenuto con i maestri di lasciarmi tarì 6 per ogni centinaro, mentre dicevano loro che non le possono faticare a tale prezzo, ma per la sua persona mi ho impegnato a profittare questo, perché se loro non lo facevano sarei contento di farlo a mio costo, mentre ci aveva dato parola l’anno scorso. Troverà qui pure la nota del costo e spese del sale per suo conto.
Resto sempre pronto ai suoi comandi e con salutarlo d’unita alla mia famiglia con tutto rispetto sono
Il suo umilissimo servo vostro
Raisi Vito di Filippo».





L’ordine del marchese D’Amico venne evaso dunque ad eccezione di 30 migliara di cordicella di disa, «a causa che i Spatari (gli Spadaro, nda) più non la portavano». Questo passo della missiva mette in evidenza gli stretti rapporti commerciali che intercorrevano tra i Di Filippo ed i padroni marittimi Spadaro, rapporti che emergono in tutta evidenza nella commissione di uno schifazzo, che tanto gli uni, quanto gli altri, fecero costruire proprio a Milazzo nei primi mesi del 1844. La costruzione della tipica imbarcazione trapanese fu commissionata ai maestri d’ascia milazzesi Vincenzo Vitali e Francesco Providenti da padron Pasquale Spadaro fu Vincenzo, da rais Vito Di Filippo e da suo figlio Leonardo, ciascuno di questi ultimi proprietari di un quarto dell’imbarcazione, rimanendo l’altra metà esclusiva proprietà di padron Pasquale Spadaro. Lo schifazzo - si legge negli atti notarili stipulati in notar Matteo Anastasi di Milazzo - sarebbe stato costruito in legname di rovere per una lunghezza di 43 palmi e soprattutto avrebbe dovuto riprodurre in modo sostanzialmente identico l’altro schifazzo che in quello stesso anno 1844 navigava al comando del citato Pasquale Spadaro, «comandante di legno mercantile domiciliato nella Comune di Trapani» (Cfr. Massimo Tricamo, Vaccarella ieri e oggi, storie di pescatori, Lombardo edizioni, Milazzo 2013, pagg. 259 e 260).
Era dunque grazie ai rapporti d’affari tra gli Spadaro ed i De Filippo che la cordicella di disa, lavorata a Termini Imerese, raggiungeva la Tonnara del Tono di Milazzo, dove a metà Ottocento veniva lavorata da manodopera femminile sotto lo sguardo vigile dei due rais e di un guardiano. La formazione delle «pezze di rinnovo» delle reti durava solitamente una settimana, durante la quale non mancava mai la vigilanza del guardiano e dei rais, i quali dirigevano le donne milazzesi nella paziente opera di realizzazione delle robuste pezze in cordicella di disa, che sarebbero state montate successivamente (vedasi ad esempio la documentazione del 1860) nelle mezzeporte, nella coda, nel codardo e nelle pareti laterali delle camere, tanto «du latu ‘i terra», quanto «du latu ‘i fora», espressioni dialettali dei tonnaroti rigorosamente riportate, sia pure in italiano, nella contabilità del marchese D’Amico.

Le due lettere e la nota trascritte di seguito, risalenti al 1830, testimoniano una spedizione di «generi di tonnara» (cordicella e midollari di disa, filetto di Spagna e sale “grosso”) a cura di rais Vito di Filippo. Si tratta della prima spedizione da parte del rais trapanese di cui si ha notizia, eseguita per mezzo dei padroni marittimi Pasquale Spadaro e Giuseppe Figuccia. Trattasi di fornitura destinata alla Tonnara del Tono e ad una non meglio identificata Tonnara della Croce:

«Sua Eccellenza Signor Marchese Tommaso Mariano D’Amico, Melazzo
Trapani, lì 8 ottobre 1830

Eccellenza,
Con Padron Pasquale Spataro li rimetto le cudetti [?] generi, cioè cordicella di disa migliara 55, modellari di disa di canne 30 per uno n. 450. La cordicella è a complimento di migliara 150, le modellari sono a complimento di numero 900. Per la cordicella, per lo primo comando dato di Vostra Eccellenza con la data de 21 luglio scorso, sono empito per migliara 150 come sopra. Per le modellari ne tengo in magazino per suo conto altre numero 600, a complimento di numero 1500 da Vostra Eccellenza ordenatemi in detta lettera di luglio scorso.
Con la data de’ 31 agosto scorso mi comanda nella sua lettera e mi dice: vi aggiungo di più altre migliara 50 cordicella e altre numero 600 medollari. Perciò prego a Vostra Eccellenza di avvisarmi subbito se questo secondo comando datomi è di più del primo comando: allora io ne farò subbito la rimessa a tenor le sue, come mi ha fatto palese nelle sue lettere.
Per il conto di detti generi li rimetto la nota di tutto del mio avere. Stante le onze 35 ricevuti da Padron Spataro, devo avere le onze 119.18. Perciò prego a Vostra Eccellenza di rimettermi quella somma che mi deve che a me mi fa di bisogno. Offerendomi ai suoi venerati comandi, li bacio le mani [e] sono
Umilissimo ed obbligatissimo servo
Raisi Vito di Filippo»






«Nota di generi rimessi al Signor Marchese Tommaso Mariano Di Amico per le sue tonnare in quest’anno 1830, cioè:

- cordicella immarcata con Padron Giuseppe Fiuccio a tarì 23 migliaro per migliara 50;
- cordicella immarcata con Padron Pasquale Spataro come sopra, migliara 45;
- cordicella immarcata con detto Spataro come sopra, migliara 55.
Totale: migliara 150, onze 115.

- modellari di disa di canne 30 per uno a onze 2.16 il centinaro immarcate con Padron Spataro per numero 450;
- modellari come sopra immarcate con detto Spataro, numero 450.
Totale: numero 900, onze 22.24.

Filetto nuovo di Spagna a onze 2.24 migliaro per migliara 6, onze 16.24.
Totale: onze 154.18.
Ne ho ricevuto a conto per mano di Spataro sopra la medietà di contanti, dico onze 35.

Totale generale: onze 119.18»



«Sua Eccellenza Signor Marchese Tommaso Mariano D’Amico, Melazzo
Trapani, lì 7 novembre 1830

Eccellenza,
Con Padron Pasquale Spataro li rimetto cordicella di disa migliara dieci, modellari lunghe numero 700, sale grosso salme 12. Come sentirà nella nota, tutta la somma di detti generi sono la somma di onze 28.12. La prego di detta somma la consegnerà a detto Padron Spataro per mio conto.
Li dico per le modellari immarcate di più [che] il Padron Spataro aveva caricato il numero disignato di Vostra Eccellenza. E siccome la barca si ritrovava più vacante del solito, li ho fatto il diavolo per prendere altro puoco di sale. E siccome la Dogana si ritrovò tutte le carte disb[r]egate, non potte affatto prendere più sale perché le spese erano assai per fare altre dogomenti. Perciò io ho pensato di immarcarci altre 100 modellari per non venire la barca vacante in codessa [codesta, ndr]. Scusa che mi ho preso questa libertà.
Per il nolo Vostra Eccellenza dovrà pagare a detto Spataro onze 15. Il Padron Spataro mi ha fatto sentire che nel viaggio scorso lui [h]a fatto qualche cosa di danno di robba di barca buttata a mare. Perciò Vostra Eccellenza li darà qualche cosella di più. Offerendomi ai suoi venerati comandi, li bacio le mani [e] sono
umilissimo ed obligatissimo servo vero
Raisi Vito di Filippo»












Alla Tonnara del Tono furono invece destinati la cordicella ed i midollari spediti da Termini Imerese nel 1821 a cura di Leonardo Palmisano. Ma il trasporto a bordo della bombarda Santa Teresa, al comando di capitan Gennaro Virgilio (cui venne in soccorso l’equipaggio del capitano milazzese Antonino Piraino), fu alquanto sfortunato: la documentazione di seguito riportata attesta infatti un naufragio.


«Signor Tommaso Mariano Marchese D’Amico, Milazzo
Termini, primo Febrajo 1821

La notte scorsa è stata propizia a far venire questa mattina il Capitan Gennaro Virgilio colla sua bombarda, alla quale mi ho dato tutta l’attività spicciarla del suo carico corda e midollari che a vostro contro doverà portare alla vostra Tonnara del Tono. Sarà per partire a poche ore e non dubito di presto toccare i vostri mari per farne la discarica coll’ugual placidezza che si è la robba imbarcata. Eccovi intanto annessa la di carico. Per nolo non ho potuto far meglio. Vi sono alcune altre spesarelle di vantaggio che sono stati imprescindibili, come osserverete dall’annesso conto ascendente in onze 151.16.18. Che, scemando le onze 80 cessemi in [segue termine di ardua trascrizione, ndr] e [segue termine di ardua trascrizione, ndr], restano onze 71.16.18, che coll’onze 1.21.12 spese di multa all’antecedente cambiale sono onze 73.8.10. Per le quali vado a traere il signor Romano di Messina, al quale potrete prevenire di estinguere a vostro conto il peso che sarà a caricarle. Spero che la robba vi piacerà e così finite tutte le dispute che sono insorti con questi trafficanti.

Leonardo Palmisano


P.S.: si è dato onze 2 al capitano a conto di nolo, come osserverete nel costo e spese. Datele di meno»



«Signor Tommaso Mariano Marchese D’Amico, Milazzo
Termini, 1mo febrajo 1821

Vedete qui appresso il costo e spese di 100 migliara corda e 1200 midollari imbarcati per vostro conto oggi stesso sopra la bombarda Santa Teresa del Capitano Gennaro Virgilio
- Primo costo della corda migliara 33, onze 110;
- detto di midollari ad onze 2.10%, onze 28;
- In dogana come infra;

- Dogana, onze 2.25.18;
- responzale, tarì 12.12;
- maestro notaro, tarì 2;
- segreto, tarì 2;
- maestro credenziero, tarì 12;
- ufficiale e sopraguardie, onza 1;
- messo, tarì 2;
- custode [segue termine di ardua trascrizione, ndr], tarì 2;
totale onze 4.28.10

- trasporto della corda migliara 1, onze 3.10;
- detto de’ midollari, tarì 18;
- barchette per trasporto a bordo a grana 8 migliaio, onze 1.24.8;
- due uomini a bordo per impostare, anzi tre, tarì 16;
- due alla spiaggia, tarì 7;
- rata di un corriero a Palermo per il nolegio, tarì 3;
- al capitano a conto delle onze 24 di nolo, onze 2.
Totale: onze 151.16.18
Leonardo Palmisano»




«In Melazzo, lì 27 febrajo 1821

Sono onze quindeci che ò ricevuto dal Signor Marchese Don Tommaso Mariano D’Amico stante l’occorso naufraggio del bastimento per nolo della robba di cordicella e medollari recati da Termine per conto di detto Signore, avendosi preso questo ripiego dalla gente di mare del Capitan Antonino Pirajno, al quale ci siamo conformati, dico onze 15.
Firmo per nome e parte di Padron Gennaro Di Virgilio per non sapere scrivere e di l’ordine,
Pilota Alessandro Borretto»




«Signor Tommaso Mariano Marchese D’Amico, Milazzo
Termini, 3 marzo 1821

Con due vostre gratissime 13/16 caduto mese. Non interloquisco di vantaggio per il disgraziato carico corda. Capisco benissimo che l’imperizia, e forse anco la presunzione del Piloto, come mi dite, abiano cagionato il vostro interesse ed il disesto del proprietario della bombarda. Per il quale ne ho provato anco il massimo disgusto. Tutto oggi irreparabile. Intanto ho parlato [a]i trafficanti per li 30 migliara corda che vengono di meno, da pagarla a tagliata di tonnara. Mi dicono non volervi maggiormente dispiacervi e condiscendono a contentarvi, dietro che avranno incassate le onze 73.8.10 che trovomi dietro il ritrono di Padron Vitale, gravato in Messina al signor Romano. Sicché spero farvene al più presto la rimessa.
Leonardo Palmisano»


  
«Signor Tommaso Mariano Marchese D’Amico, Milazzo
Termini, 22 marzo 1821

Con due gradite vostre 24 caduto mese e 9 andante. Non interloquisco di vantaggio per le questioni avute col Piloto della perdutasi bombarda, giacché agiustato e definito ogni contrasto.
Da Messina mi avvisa il Signor Romano aver pagato le onze 73.8.10 alla persona destinatagli. Ve li ho accreditati in saldo sino ad oggi. Che passerò a’ traficanti della corda per chiudere il loro conto.
In giorni avrete li 30 in 35 migliara corda per la Tonnara del Tono. Procurerò mandarvela con padrone terminese a scanzo di disturbi.
Leonardo Palmisano»







Da Termini Imerese furono spedite nel 1831 queste altre due lettere commerciali:

«Signor marchese Tommaso Mariano D’Amico, Melazzo
Termini, lì 27 aprile 1831

Oggi ho caricato sopra la barca nominata Santa Maria del Porto Salvo del Padrone Giuseppe Catanzaro di Termini migliaja venticinque cordicella ordinatami della migliore condizione. Che vedendola mi auguro che incontrerà il di lei genio e se ne farà riconoscere. E trovandola in regola le pagherà il nolo di onze cinque, così di patto tra me ed il sudetto padrone Catanzaro. E se vor[r]à darle qualche poco di vino, al solito a suo piacere, giacché io non ho voluto a ciò obligarla.
Con altra mia le rimetterò il conto di C. S. e potrà mandarmi l’importo con cambiale anche per Palermo.
Mentre sempre pronto ai di lei a me tanto cari comandi, desiderando sentire nuove sul di lei stato di salute, sono con baciarle le mani
Agostino Palmisano»


«Signor marchese Tommaso Mariano D’Amico, Melazzo
Termini, lì 28 aprile 1831

Jeri ho caricato sopra la barca nominata Santa Maria del Porto Salvo del Padrone Giuseppe Catanzaro migliaja venticinque cordicella da lei ordinatami, che se ne farà riconoscere. E trovandola in regola, passerà a pagarne il nolo di onze cinque, così di patto tra me ed il sudetto Padrone Catanzaro.
Le acchiudo il conto di C. S. che passerà sotto i di lei occhi. Che trovandola a doverà [?] me ne darà credito, potendo farmi dell’equivalente cambiale anche per Palermo. Ascendente ad onze 21.2.
Mentre sempre pronto ai di lei comandi, sono con baciarle le mani
Agostino Palmisano»





Due missive del 1839 attestano la consueta fornitura di cordicella di sparto e di disa, midollari e soprattutto sale, che rais Vito Di Filippo ritirava - nelle due qualità molito e grosso - dalle saline di Marsala, dove si produceva il sale «più fino e più bianco», proprio come desiderava il marchese D’Amico. Al quale rais Vito anticipava l’intera spesa, visto che i salinisti non facevano credito.

«Sig. marchese D’Amico, Milazzo
Trapani, lì 30 luglio 1839

Eccellenza,
con padron Antonino Di Martino li rimetto cordicella migliara 60, modellari numero 400, corda di sparto migliara 6, sale molito salme 16. In appresso li rimetto il complimento delle generi da Vostra Eccellenza ordinatomi. Li dico che le generi che li rimetto sono di buona qualità, come desidera Vostra Eccellenza. Nella sua lettera mi fa sentire che il prezzo del sale che dovrò rimetterli l’Eccellenza Sua li vole pagare come il prezzo della cordicella. Intorno al tempo li dico che il sale io lo devo comprare contanti e non con credito. Perciò li dico che per il rispetto che Vostra Eccellenza mi ha portato io farò tal sacrificio di pagarlo per contanti ed esigerlo con il tempo. In appresso li rimetto tutto il conto per l’Eccellenza Sua rimettermi cautela di detto credito. La prego se Vostra Eccellenza averà somma alcuna dell’anno scorso li potrà ripostare a mani di padron Vincenzo Spataro per mio conto. Offerendomi in tutto che mi conosce abbile, li bacio le mani assieme con mio figlio Leonardo.
Riverendola caramente, sono

obbligatissimo servo vero
raisi Vito di Filippo
PS Per intanto al nolo li pagherà come ha pratticato l’anno scorso».


«Sua Eccellenza Signor Marchese Tommaso Mariano D’Amico, Milazzo
Trapani, lì 18 agosto 1839

Eccellenza,
con Padron Vincenzo Spataro ricevetti lettera da Vostra Eccellenza. Sento quanto mi dice intorno alle generi di tonnara, [ossia] che le sue raisi ando [hanno, ndr] preso equivico nella quantità di detti generi. Perciò li dico che con Padron Antonino Di Martino li rimetto cordicella migliara 25, complimento di migliara 85, per suo conto, modellari numero 350, complimento di numero 750, sale molito salme 12, complimento di salme 28, sale grosso salme 8. Li dico che si ha preso la barca di tramazzo di Marsala a Trapani [e] ne ho portato salme 4 di più dell’ordine di Vostra Eccellenza per non pagarla detta barca il suo nolo da vacanti piena. Perciò dovrai mandare nelle saline di Marsala per il sale essere più fino e più biancho, come Vostra Eccellenza mi ha comandato. Per il spisato di tutto li rimetto la nota distinta di tutto che ascende la somma di onze 116.22.10, perciò prego a Vostra Eccellenza che con detto Padron Spataro mi rimette la cautela di detta somma pagabile nel mese di luglio 1840.

Li dico che per il nolo di detti generi li dovrà sciamare l’Eccellenza Sua, per conto di Prestambunzo [Prestamburgo, ndr], cordicella migliara 35, modellari n. 100, corda di sparto migliara 2. Li dico che li generi di Prestambunzo sono carretti 10 di questa. Perciò la barca, quando non porta sale, porta carretti 26. Perciò Vostra Eccellenza potrà sciamare il nolo di onze 15 per carretti 26 ed allora leva la rata di carretti 10 per conto di Prestambunzo.

Li farò palese che detto sale li ho pagato per contanti, perché questi saleniste non fanno credito in tale negozio. Perciò questo li ho fatto perché l’Eccellenza Sua merita, perché mi ha portato rispetto in tutto. Offerendomi in tutto che mi conosce abbile, li bacio le mani assieme con mio figlio Leonardo, quale sono

umilissimo ed obligatissimo servo vero
Raisi Vito di Filippo»





Tre anni prima rais Vito aveva inviato quest’altra missiva:

«Sig. marchese Tommaso Mariano D’Amico, Milazzo
Trapani, lì 2 decembre 1836

Eccellenza,
si porterà in codessa [codesta, ndr] il mio cuggino padron Antonio di Filippo con la sua barca, la quale prego a Vostra Eccellenza che li consegnerà onze 96.21.10 a complimento di onze 123.21.10 per saldo del mio avere per le generi venduti dell’anno scorso. Perciò li dico a Vostra Eccellenza che ieri ho fatto lettera per Vostra Eccellenza pagare onze 27 al maestro Giuseppe Lombardo di codessa, che in questa la sudetta somma li ho ricevuto dal signor Giovanni Marino. E per questo l’Eccellenza Sua dovrà pagare a detto di Filippo onze 96.21.10 a complimento della somma di sopra. La prego di consegnarci la sudetta somma a detto padron di Filippo, che [è] persona di fiducia, ringraziandola anticipatamente. Offerendomi ai suoi venerati comandi, li bacio le mani.
Riverendola sono di Vostra Eccellenza

umilissimo ed obbligatissimo servo vero

Raisi Vito di Filippo»






Fornitura libàni di Spagna. I libàni di sparto altro non erano che cordami di fabbricazione spagnola. Si vendevano a dozzine. Il duca d’Ossada, Francesco Carlo D’Amico , nel 1816 riferiva che i più pregiati erano «quelli del mazzarrone o pure di Alicante, chiamati libani cinquini». Intrecciando 3 o 4 libani si otteneva un “resto”, ossia una gomena solitamente impiegata come cavo di “summo”, al quale si appendevano le pareti delle camere. I “summi” erano cavi galleggianti, essendo sostenuti a galla da sugheri. 
Di seguito un documento attestante la spedizione di 30 dozzine di libani da Napoli. A trasportarli sino a Messina (dove il comproprietario della Tonnara del Tono li avrebbe a sua volta spediti a Milazzo) fu Capitan Andrea Di Martino da Sorrento, a bordo della polacca denominata "La Madonna del Lauro e S. Gennaro".