Forniture di tonnara
Cordicelle
di sparto e di disa, midollari e sale
(fonte: Archivio Storico Museo Etnoantropologico e Naturalistico "Domenico Ryolo", fondo D'Amico-Faranda, carte di tonnara XIX sec)
La
cordicella di sparto era impiegata per realizzare le maglie del codardo, il
lungo sbarramento ormeggiato con ancore che col rivotu spingeva i tonni
sfuggiti alla bocca nuovamente verso la tonnara. Tale cordicella, denominata
anche «cordicella di Spagna» o più semplicemente filetto, veniva
ritirata a Milazzo dagli amministratori della Tonnara del Tono presso un
fornitore trapanese. Il rais Vito Di Filippo, prima, ed i suoi figli, dopo,
rifornirono la Tonnara del Tono anno dopo anno. Dal 1830 al 1872 spedirono da
Trapani, attraverso la famiglia Spadaro, padroni marittimi al comando di
schifazzi (le tradizionali imbarcazioni del Trapanese), non solo cordicella di
sparto, ma anche cordicella di disa, midollari (anch’essi in disa) e
tutto il sale - nelle due varietà “granito” e “molito” - necessario per la
salatura dei diversi componenti del tonno. Il nome di rasi Vito o quello
di suo figlio Leonardo, ma anche quello di un Antonio Di Filippo, ricorrono
spesso nelle registrazioni delle «spese dei novali» della Tonnara del Tono,
ossia delle spese sostenute per il rinnovo delle reti, delle ancore e del resto
dell’apparato. E ricorrono spesso anche i nominativi dei padroni
marittimi Pasquale, Vincenzo e Pietro Spadaro, che per conto dei Di Filippo
trasportavano via mare i “generi di tonnara” da Trapani a Milazzo. In ogni
stagione venivano di norma eseguiti due viaggi: nell’agosto 1860, ad esempio,
giunsero da Trapani due “rimesse”, per un totale di 120 migliara di
cordicella di disa, pagate a 21 tarì il migliaio, 1.200 midollari ad onze 3 il
centinaio e 6 migliara di filetto, o cordicella di sparto che dir si
voglia, al prezzo di onze 2.24 il migliaio. Con le suddette rimesse giunsero
altresì 15 salme di sale molito e 5 salme di sale granito. La salma, ossia
l’unità di misura, era quella in uso a Trapani, a differenza invece di quella
milazzese, impiegata per pesare il quantitativo di ulteriori 12 salme di sale
granito pervenute il 7 settembre 1860, grazie a Leonardo Di Filippo, e
trasportate con carretti dal porto sino al Tono.
Il rais
Vito Di Filippo sarebbe morto intorno al 1862. Il 16 settembre 1863 il marchese
D’Amico annotava nei suoi registri il pagamento di «n.° 300 midollari per mani
di Padron Spataro ai Fratelli de Filippo del fu Vito da Trapani». I midollari
erano corde di disa spesse «un buon pollice» e lavorate a Termini Imerese ed in
Calabria: venivano impiegati, tra l’altro, per legare i sugheri ai summi,
ossia alle gomene galleggianti. Così come la cordicella di disa, venivano
incettati a Termini Imerese dagli Spadaro, come si evince peraltro da questa
interessantissima missiva inviata nel 1854 da rais Vito Di Filippo:
«Trapani, lì 27 giugno 1854.
A Sua Eccellenza Sig. Marchese
Tommaso Mariano D’Amico, Milazzo.
Eccellenza,
con Padron Vincenzo Spataro vi
saranno consegnati i seguenti generi, cioè cordicella di disa migliara
sessanta, cordicella di sparto fina
migliara tre, modellari di disa numero seicento, sale granito salme dieci, sale
molito salme sette misura di questa, come osserverà nella qui acchiusa poliza
di carrico. Formano in tutto la quantità di migliara 120 cordicella di disa,
migliara sei cordicella di sparto, n. 1.200 modellari di disa, meno però della
sua commissione datami di migliara 30 cordicella di disa a causa che i Spatari
più non la portavano, ma sarà mia premura in appresso farcela capitare. Per la
cordicella di sparto ce l’ho rimesso secondo il cambione che ci ho mandato con
mio figlio, il quale mi disse che molto gli piacque, perché la detta cordicella
in questa marina si fa molto uso a causa d’essere ben travagliata.
Ci acchiudo in fine il
corrispondente conto dei sopra detti generi secondo l’anno scorso, facendoci
conoscere però che sopra i modellari a gran stento mi sono convenuto con i
maestri di lasciarmi tarì 6 per ogni centinaro, mentre dicevano loro che non le
possono faticare a tale prezzo, ma per la sua persona mi ho impegnato a
profittare questo, perché se loro non lo facevano sarei contento di farlo a mio
costo, mentre ci aveva dato parola l’anno scorso. Troverà qui pure la nota del
costo e spese del sale per suo conto.
Resto sempre pronto ai suoi comandi
e con salutarlo d’unita alla mia famiglia con tutto rispetto sono
Il suo umilissimo servo vostro
L’ordine
del marchese D’Amico venne evaso dunque ad eccezione di 30 migliara di
cordicella di disa, «a causa che i Spatari (gli Spadaro, nda) più non la
portavano». Questo passo della missiva mette in evidenza gli stretti rapporti
commerciali che intercorrevano tra i Di Filippo ed i padroni marittimi Spadaro,
rapporti che emergono in tutta evidenza nella commissione di uno schifazzo,
che tanto gli uni, quanto gli altri, fecero costruire proprio a Milazzo nei
primi mesi del 1844. La costruzione della tipica imbarcazione trapanese fu
commissionata ai maestri d’ascia milazzesi Vincenzo Vitali e Francesco
Providenti da padron Pasquale Spadaro fu Vincenzo, da rais Vito Di Filippo e da
suo figlio Leonardo, ciascuno di questi ultimi proprietari di un quarto
dell’imbarcazione, rimanendo l’altra metà esclusiva proprietà di padron
Pasquale Spadaro. Lo schifazzo - si legge negli atti notarili stipulati in
notar Matteo Anastasi di Milazzo - sarebbe stato costruito in legname di rovere
per una lunghezza di 43 palmi e soprattutto avrebbe dovuto riprodurre in modo
sostanzialmente identico l’altro schifazzo che in quello stesso anno 1844
navigava al comando del citato Pasquale Spadaro, «comandante di legno
mercantile domiciliato nella Comune di Trapani» (Cfr. Massimo Tricamo, Vaccarella
ieri e oggi, storie di pescatori, Lombardo edizioni, Milazzo 2013, pagg. 259
e 260).
Era
dunque grazie ai rapporti d’affari tra gli Spadaro ed i De Filippo che la
cordicella di disa, lavorata a Termini Imerese, raggiungeva la Tonnara del Tono
di Milazzo, dove a metà Ottocento veniva lavorata da manodopera femminile sotto
lo sguardo vigile dei due rais e di un guardiano. La formazione delle «pezze di
rinnovo» delle reti durava solitamente una settimana, durante la quale non
mancava mai la vigilanza del guardiano e dei rais, i quali dirigevano le donne
milazzesi nella paziente opera di realizzazione delle robuste pezze in
cordicella di disa, che sarebbero state montate successivamente (vedasi ad
esempio la documentazione del 1860) nelle mezzeporte, nella coda, nel codardo e
nelle pareti laterali delle camere, tanto «du latu ‘i terra», quanto «du latu
‘i fora», espressioni dialettali dei tonnaroti rigorosamente riportate, sia
pure in italiano, nella contabilità del marchese D’Amico.
Le
due lettere e la nota trascritte di seguito, risalenti al 1830, testimoniano
una spedizione di «generi di tonnara» (cordicella e midollari di disa, filetto
di Spagna e sale “grosso”) a cura di rais Vito di Filippo. Si tratta della
prima spedizione da parte del rais trapanese di cui si ha notizia, eseguita per
mezzo dei padroni marittimi Pasquale Spadaro e Giuseppe Figuccia. Trattasi di
fornitura destinata alla Tonnara del Tono e ad una non meglio identificata
Tonnara della Croce:
«Sua Eccellenza Signor Marchese
Tommaso Mariano D’Amico, Melazzo
Trapani, lì 8 ottobre 1830
Eccellenza,
Con Padron Pasquale Spataro li
rimetto le cudetti [?] generi, cioè cordicella di disa migliara 55, modellari
di disa di canne 30 per uno n. 450. La cordicella è a complimento di migliara
150, le modellari sono a complimento di numero 900. Per la cordicella, per lo primo
comando dato di Vostra Eccellenza con la data de 21 luglio scorso, sono empito
per migliara 150 come sopra. Per le modellari ne tengo in magazino per suo
conto altre numero 600, a complimento di numero 1500 da Vostra Eccellenza
ordenatemi in detta lettera di luglio scorso.
Con la data de’ 31 agosto scorso mi
comanda nella sua lettera e mi dice: vi aggiungo di più altre migliara 50
cordicella e altre numero 600 medollari. Perciò prego a Vostra Eccellenza di
avvisarmi subbito se questo secondo comando datomi è di più del primo comando:
allora io ne farò subbito la rimessa a tenor le sue, come mi ha fatto palese
nelle sue lettere.
Per il conto di detti generi li
rimetto la nota di tutto del mio avere. Stante le onze 35 ricevuti da Padron
Spataro, devo avere le onze 119.18. Perciò prego a Vostra Eccellenza di
rimettermi quella somma che mi deve che a me mi fa di bisogno. Offerendomi ai
suoi venerati comandi, li bacio le mani [e] sono
Umilissimo ed obbligatissimo servo
Raisi Vito di Filippo»
«Nota di generi rimessi al Signor
Marchese Tommaso Mariano Di Amico per le sue tonnare in quest’anno 1830, cioè:
- cordicella immarcata con Padron
Giuseppe Fiuccio a tarì 23 migliaro per migliara 50;
- cordicella immarcata con Padron
Pasquale Spataro come sopra, migliara 45;
- cordicella immarcata con detto
Spataro come sopra, migliara 55.
Totale: migliara 150, onze 115.
- modellari di disa di canne 30 per
uno a onze 2.16 il centinaro immarcate con Padron Spataro per numero 450;
- modellari come sopra immarcate
con detto Spataro, numero 450.
Totale: numero 900, onze 22.24.
Filetto nuovo di Spagna a onze 2.24
migliaro per migliara 6, onze 16.24.
Totale: onze 154.18.
Ne ho ricevuto a conto per mano di
Spataro sopra la medietà di contanti, dico onze 35.
Totale generale: onze 119.18»
«Sua Eccellenza Signor Marchese
Tommaso Mariano D’Amico, Melazzo
Trapani, lì 7 novembre 1830
Eccellenza,
Con Padron Pasquale Spataro li
rimetto cordicella di disa migliara dieci, modellari lunghe numero 700, sale
grosso salme 12. Come sentirà nella nota, tutta la somma di detti generi sono
la somma di onze 28.12. La prego di detta somma la consegnerà a detto Padron
Spataro per mio conto.
Li dico per le modellari immarcate
di più [che] il Padron Spataro aveva caricato il numero disignato di Vostra
Eccellenza. E siccome la barca si ritrovava più vacante del solito, li ho fatto
il diavolo per prendere altro puoco di sale. E siccome la Dogana si ritrovò
tutte le carte disb[r]egate, non potte affatto prendere più sale perché le spese
erano assai per fare altre dogomenti. Perciò io ho pensato di immarcarci altre
100 modellari per non venire la barca vacante in codessa [codesta, ndr]. Scusa
che mi ho preso questa libertà.
Per il nolo Vostra Eccellenza dovrà
pagare a detto Spataro onze 15. Il Padron Spataro mi ha fatto sentire che nel
viaggio scorso lui [h]a fatto qualche cosa di danno di robba di barca buttata a
mare. Perciò Vostra Eccellenza li darà qualche cosella di più. Offerendomi ai
suoi venerati comandi, li bacio le mani [e] sono
umilissimo ed obligatissimo servo
vero
Raisi Vito di Filippo»
Alla Tonnara del Tono furono invece destinati la cordicella ed i midollari spediti da Termini Imerese nel 1821 a cura di Leonardo Palmisano. Ma il trasporto a bordo della bombarda Santa Teresa, al comando di capitan Gennaro Virgilio (cui venne in soccorso l’equipaggio del capitano milazzese Antonino Piraino), fu alquanto sfortunato: la documentazione di seguito riportata attesta infatti un naufragio.
«Signor Tommaso Mariano Marchese D’Amico, Milazzo
Termini, primo Febrajo 1821
La notte scorsa è stata propizia a far venire questa mattina
il Capitan Gennaro Virgilio colla sua bombarda, alla quale mi ho dato tutta
l’attività spicciarla del suo carico corda e midollari che a vostro contro
doverà portare alla vostra Tonnara del Tono. Sarà per partire a poche ore e non
dubito di presto toccare i vostri mari per farne la discarica coll’ugual
placidezza che si è la robba imbarcata. Eccovi intanto annessa la di carico.
Per nolo non ho potuto far meglio. Vi sono alcune altre spesarelle di vantaggio
che sono stati imprescindibili, come osserverete dall’annesso conto ascendente
in onze 151.16.18. Che, scemando le onze 80 cessemi in [segue termine di ardua trascrizione, ndr] e [segue termine di ardua trascrizione, ndr], restano onze 71.16.18,
che coll’onze 1.21.12 spese di multa all’antecedente cambiale sono onze 73.8.10.
Per le quali vado a traere il signor Romano di Messina, al quale potrete
prevenire di estinguere a vostro conto il peso che sarà a caricarle. Spero che
la robba vi piacerà e così finite tutte le dispute che sono insorti con questi
trafficanti.
Leonardo Palmisano
P.S.: si è dato onze 2 al capitano a conto di nolo, come
osserverete nel costo e spese. Datele di meno»
«Signor Tommaso Mariano Marchese
D’Amico, Milazzo
Termini, 1mo febrajo 1821
Vedete qui appresso il costo e
spese di 100 migliara corda e 1200 midollari imbarcati per vostro conto oggi
stesso sopra la bombarda Santa Teresa del Capitano Gennaro Virgilio
- Primo costo della corda migliara
33, onze 110;
- detto di midollari ad onze 2.10%,
onze 28;
- In dogana come infra;
- Dogana, onze 2.25.18;
- responzale, tarì 12.12;
- maestro notaro, tarì 2;
- segreto, tarì 2;
- maestro credenziero, tarì 12;
- ufficiale e sopraguardie, onza 1;
- messo, tarì 2;
- custode [segue termine di ardua
trascrizione, ndr], tarì 2;
totale onze 4.28.10
- trasporto della corda migliara 1,
onze 3.10;
- detto de’ midollari, tarì 18;
- barchette per trasporto a bordo a
grana 8 migliaio, onze 1.24.8;
- due uomini a bordo per impostare,
anzi tre, tarì 16;
- due alla spiaggia, tarì 7;
- rata di un corriero a Palermo per
il nolegio, tarì 3;
- al capitano a conto delle onze 24
di nolo, onze 2.
Totale: onze 151.16.18
Leonardo Palmisano»
«In Melazzo, lì 27 febrajo 1821
Sono onze quindeci che ò ricevuto
dal Signor Marchese Don Tommaso Mariano D’Amico stante l’occorso naufraggio del
bastimento per nolo della robba di cordicella e medollari recati da Termine per
conto di detto Signore, avendosi preso questo ripiego dalla gente di mare del
Capitan Antonino Pirajno, al quale ci siamo conformati, dico onze 15.
Firmo per nome e parte di Padron
Gennaro Di Virgilio per non sapere scrivere e di l’ordine,
Pilota Alessandro Borretto»
«Signor Tommaso Mariano Marchese
D’Amico, Milazzo
Termini, 3 marzo 1821
Con due vostre gratissime 13/16
caduto mese. Non interloquisco di vantaggio per il disgraziato carico corda.
Capisco benissimo che l’imperizia, e forse anco la presunzione del Piloto, come
mi dite, abiano cagionato il vostro interesse ed il disesto del proprietario
della bombarda. Per il quale ne ho provato anco il massimo disgusto. Tutto oggi
irreparabile. Intanto ho parlato [a]i trafficanti per li 30 migliara corda che
vengono di meno, da pagarla a tagliata di tonnara. Mi dicono non volervi
maggiormente dispiacervi e condiscendono a contentarvi, dietro che avranno
incassate le onze 73.8.10 che trovomi dietro il ritrono di Padron Vitale,
gravato in Messina al signor Romano. Sicché spero farvene al più presto la
rimessa.
Leonardo Palmisano»
«Signor Tommaso Mariano Marchese
D’Amico, Milazzo
Termini, 22 marzo 1821
Con due gradite vostre 24 caduto
mese e 9 andante. Non interloquisco di vantaggio per le questioni avute col
Piloto della perdutasi bombarda, giacché agiustato e definito ogni contrasto.
Da Messina mi avvisa il Signor
Romano aver pagato le onze 73.8.10 alla persona destinatagli. Ve li ho
accreditati in saldo sino ad oggi. Che passerò a’ traficanti della corda per
chiudere il loro conto.
In giorni avrete li 30 in 35
migliara corda per la Tonnara del Tono. Procurerò mandarvela con padrone
terminese a scanzo di disturbi.
Leonardo Palmisano»
Da
Termini Imerese furono spedite nel 1831 queste altre due lettere commerciali:
«Signor marchese Tommaso Mariano
D’Amico, Melazzo
Termini, lì 27 aprile 1831
Oggi ho caricato sopra la barca
nominata Santa Maria del Porto Salvo del Padrone Giuseppe Catanzaro di Termini
migliaja venticinque cordicella ordinatami della migliore condizione. Che
vedendola mi auguro che incontrerà il di lei genio e se ne farà riconoscere. E
trovandola in regola le pagherà il nolo di onze cinque, così di patto tra me ed
il sudetto padrone Catanzaro. E se vor[r]à darle qualche poco di vino, al
solito a suo piacere, giacché io non ho voluto a ciò obligarla.
Con altra mia le rimetterò il conto
di C. S. e potrà mandarmi l’importo con cambiale anche per Palermo.
Mentre sempre pronto ai di lei a me
tanto cari comandi, desiderando sentire nuove sul di lei stato di salute, sono
con baciarle le mani
Agostino Palmisano»
«Signor marchese Tommaso Mariano
D’Amico, Melazzo
Termini, lì 28 aprile 1831
Jeri ho caricato sopra la barca
nominata Santa Maria del Porto Salvo del Padrone Giuseppe Catanzaro migliaja
venticinque cordicella da lei ordinatami, che se ne farà riconoscere. E
trovandola in regola, passerà a pagarne il nolo di onze cinque, così di patto
tra me ed il sudetto Padrone Catanzaro.
Le acchiudo il conto di C. S. che
passerà sotto i di lei occhi. Che trovandola a doverà [?] me ne darà credito,
potendo farmi dell’equivalente cambiale anche per Palermo. Ascendente ad onze
21.2.
Mentre sempre pronto ai di lei
comandi, sono con baciarle le mani
Agostino Palmisano»
Due missive del 1839 attestano la
consueta fornitura di cordicella di sparto e di disa, midollari e soprattutto
sale, che rais Vito Di Filippo ritirava - nelle due qualità molito e grosso - dalle saline di Marsala, dove si produceva il sale «più
fino e più bianco», proprio come desiderava il marchese D’Amico. Al quale rais
Vito anticipava l’intera spesa, visto che i salinisti
non facevano credito.
«Sig.
marchese D’Amico, Milazzo
Trapani, lì
30 luglio 1839
Eccellenza,
con padron
Antonino Di Martino li rimetto cordicella migliara 60, modellari numero 400,
corda di sparto migliara 6, sale molito salme 16. In appresso li rimetto il
complimento delle generi da Vostra Eccellenza ordinatomi. Li dico che le generi
che li rimetto sono di buona qualità, come desidera Vostra Eccellenza. Nella
sua lettera mi fa sentire che il prezzo del sale che dovrò rimetterli
l’Eccellenza Sua li vole pagare come il prezzo della cordicella. Intorno al
tempo li dico che il sale io lo devo comprare contanti e non con credito.
Perciò li dico che per il rispetto che Vostra Eccellenza mi ha portato io farò
tal sacrificio di pagarlo per contanti ed esigerlo con il tempo. In appresso li
rimetto tutto il conto per l’Eccellenza Sua rimettermi cautela di detto credito.
La prego se Vostra Eccellenza averà somma alcuna dell’anno scorso li potrà
ripostare a mani di padron Vincenzo Spataro per mio conto. Offerendomi in tutto
che mi conosce abbile, li bacio le mani assieme con mio figlio Leonardo.
Riverendola
caramente, sono
obbligatissimo
servo vero
raisi Vito
di Filippo
PS Per
intanto al nolo li pagherà come ha pratticato l’anno scorso».
«Sua
Eccellenza Signor Marchese Tommaso Mariano D’Amico, Milazzo
Trapani, lì
18 agosto 1839
Eccellenza,
con Padron
Vincenzo Spataro ricevetti lettera da Vostra Eccellenza. Sento quanto mi dice
intorno alle generi di tonnara, [ossia] che le sue raisi ando [hanno, ndr]
preso equivico nella quantità di detti generi. Perciò li dico che con Padron
Antonino Di Martino li rimetto cordicella migliara 25, complimento di migliara
85, per suo conto, modellari numero 350, complimento di numero 750, sale molito
salme 12, complimento di salme 28, sale grosso salme 8. Li dico che si ha preso
la barca di tramazzo di Marsala a Trapani [e] ne ho portato salme 4 di più
dell’ordine di Vostra Eccellenza per non pagarla detta barca il suo nolo da
vacanti piena. Perciò dovrai mandare nelle saline di Marsala per il sale essere
più fino e più biancho, come Vostra Eccellenza mi ha comandato. Per il spisato
di tutto li rimetto la nota distinta di tutto che ascende la somma di onze
116.22.10, perciò prego a Vostra Eccellenza che con detto Padron Spataro mi
rimette la cautela di detta somma pagabile nel mese di luglio 1840.
Li dico che
per il nolo di detti generi li dovrà sciamare l’Eccellenza Sua, per conto di
Prestambunzo [Prestamburgo, ndr], cordicella migliara 35, modellari n. 100,
corda di sparto migliara 2. Li dico che li generi di Prestambunzo sono carretti
10 di questa. Perciò la barca, quando non porta sale, porta carretti 26. Perciò
Vostra Eccellenza potrà sciamare il nolo di onze 15 per carretti 26 ed allora
leva la rata di carretti 10 per conto di Prestambunzo.
Li farò
palese che detto sale li ho pagato per contanti, perché questi saleniste non
fanno credito in tale negozio. Perciò questo li ho fatto perché l’Eccellenza
Sua merita, perché mi ha portato rispetto in tutto. Offerendomi in tutto che mi
conosce abbile, li bacio le mani assieme con mio figlio Leonardo, quale sono
umilissimo
ed obligatissimo servo vero
Raisi Vito
di Filippo»
Tre anni prima rais Vito aveva
inviato quest’altra missiva:
«Sig.
marchese Tommaso Mariano D’Amico, Milazzo
Trapani, lì
2 decembre 1836
Eccellenza,
si porterà
in codessa [codesta, ndr] il mio cuggino padron Antonio di Filippo con la sua
barca, la quale prego a Vostra Eccellenza che li consegnerà onze 96.21.10 a
complimento di onze 123.21.10 per saldo del mio avere per le generi venduti
dell’anno scorso. Perciò li dico a Vostra Eccellenza che ieri ho fatto lettera
per Vostra Eccellenza pagare onze 27 al maestro Giuseppe Lombardo di codessa,
che in questa la sudetta somma li ho ricevuto dal signor Giovanni Marino. E per
questo l’Eccellenza Sua dovrà pagare a detto di Filippo onze 96.21.10 a
complimento della somma di sopra. La prego di consegnarci la sudetta somma a
detto padron di Filippo, che [è] persona di fiducia, ringraziandola
anticipatamente. Offerendomi ai suoi venerati comandi, li bacio le mani.
Riverendola
sono di Vostra Eccellenza
umilissimo
ed obbligatissimo servo vero
Raisi Vito
di Filippo»
Fornitura libàni di Spagna. I libàni di sparto altro non erano che cordami di fabbricazione spagnola. Si vendevano a dozzine. Il duca d’Ossada, Francesco Carlo D’Amico , nel 1816 riferiva che i più pregiati erano «quelli del mazzarrone o pure di Alicante, chiamati libani cinquini». Intrecciando 3 o 4 libani si otteneva un “resto”, ossia una gomena solitamente impiegata come cavo di “summo”, al quale si appendevano le pareti delle camere. I “summi” erano cavi galleggianti, essendo sostenuti a galla da sugheri.
Di seguito un documento attestante la spedizione di 30 dozzine di libani da Napoli. A trasportarli sino a Messina (dove il comproprietario della Tonnara del Tono li avrebbe a sua volta spediti a Milazzo) fu Capitan Andrea Di Martino da Sorrento, a bordo della polacca denominata "La Madonna del Lauro e S. Gennaro".